Reato penale per non aver esibito i documenti agli ispettori del lavoro
CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 ottobre 2013, n. 42334
Lavoro – Sanzioni – Mancata esibizione della documentazione richiesta dall’ispettore del lavoro – Assenza di indagini di polizia amministrativa – Configurabilità del reato
Ritenuto in fatto
- – Con sentenza del 19 luglio 2012, la Corte d’appello di Napoli ha confermato quanto alla ritenuta responsabilità penale – sostituendo la pena dell’arresto con quella dell’ammenda e revocando la sospensione condizionale della pena – la sentenza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere – sezione distaccata di Caserta del 24 febbraio 2011, con la quale l’imputato era stato condannato, per il reato di cui all’art. 4 della legge n. 628 del 1961, per non avere fornito all’Ispettorato del lavoro, nella sua qualità di presidente di una cooperativa, la documentazione relativa al rapporto di lavoro dei dipendenti, benché sollecitata (Il 30 giugno 2008).
- – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, rilevando la carenza di motivazione e l’erronea applicazione della norma incriminatrice. Ad avviso della difesa, la norma in questione non sanziona qualsiasi inottemperanza del datore di lavoro a prescrizioni o richieste dell’Ispettorato del lavoro, ma soltanto le condotte di coloro che, legalmente richiesti, non forniscano le notizie richieste o le forniscano scientemente errate o incomplete. Da tale fattispecie deve ritenersi esclusa – prosegue la difesa – l’omessa esibizione della documentazione eventualmente richiesta dall’ispettore dei lavoro, le cui facoltà dì richiedere l’esibizione di documenti con sanzioni per il relativo rifiuto sono collegate esclusivamente alle indagini di polizia amministrativa previste dall’art. 8 del d.P.R. n. 520 del 1995, senza possibilità di estensione alle generali attività di vigilanza affidate agli ispettori del lavoro dell’art. 4 della legge n. 628 del 1961.
Considerato in diritto
- – Il ricorso è inammissibile, perché basato su un motivo manifestamente infondato.
L’art. 4, ultimo comma, della legge n, 628 del 1961 punisce «coloro che, legalmente richiesti dall’Ispettorato di fornire notizie a norma del presente articolo, non le forniscano o le diano scientemente errate od incomplete». Sì tratta – secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte – delle richieste di notizie concernenti violazioni delle leggi sui rapporti di lavoro, sulle assicurazioni sociali, sulla prevenzione e l’igiene del lavoro, che assumono valore strumentale rispetto alla funzione istituzionale di controllo esercitata dall’Ispettorato del lavoro (ex multis, sez. 3, 7 febbraio 1994, n. 1365, Rv. 196494; sez. 3, 4 luglio 2001, n, 26974, Rv. 219645). Si è più volte specificato, inoltre, che il reato in questione si configura, non soltanto nel caso di richiesta di semplici notizie, ma anche nell’ipotesi di omessa esibizione della documentazione che consenta all’Ispettorato del lavoro la vigilanza del 1955 (sez. 3, 18 gennaio 2007, n. 7106).
Tali principi sono stati correttamente applicati dalla Corte d’appello, perché essa ha preso le mosse dal risultati dell’istruttoria, da cui si evince chela documentazione richiesta all’imputato era quella necessaria per l’espletamento dei compiti istituzionali dell’Ispettorato definiti dal richiamato art. 4 della legge n. 628 del 1961 e, in particolare, della verifica della sussistenza di irregolarità nelle assunzioni dei dipendenti.
- Il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte Costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. Pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma in favore della Cassa delle ammende equitativamente fissata in €. 1.000,00.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €. 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
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